Studio Legale LdV Viareggio | L’ASSEGNO DI DIVORZIO ALLA LUCE DELLA SENTENZA SS.UU. CASS. n. 18287 dell’11 luglio 2018: Lo stato dell’arte
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L’ASSEGNO DI DIVORZIO ALLA LUCE DELLA SENTENZA SS.UU. CASS. n. 18287 dell’11 luglio 2018: Lo stato dell’arte

L’attuale orientamento giurisprudenziale, inaugurato con la celeberrima sent. Cass. SS.UU. n. 18287 dell’11 luglio 2018, e confermato da numerosissime pronunce anche di merito ed i cui principi cardine confluiranno a breve nella nuova formulazione dell’art. 5 l. 898/70, ha finalmente composto il precedente contrasto giurisprudenziale in materia di diritto all’attribuzione dell’assegno divorzile.

L’art. 5 della l. 898/1970 recita:

Articolo 5.

“1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l’intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all’art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all’ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.
2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.
3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti.
5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell’art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.
6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.
8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.
9. I coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.
10. L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
11. Il coniuge, al quale non spetti l’assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell’ente mutualistico da cui sia assistito l’altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.”

Sin dall’entrata in vigore dell’art. 5 l. 898/1970, la giurisprudenza maggioritaria aveva elaborato un metodo ‘bifasico’ per valutare il diritto – o meno – alla corresponsione dell’assegno al coniuge economicamente più debole, distinguendo poi tra i numerosi criteri indicati alla norma, tra quelli volti a determinare l’an dell’assegno di divorzio, e quelli utili, viceversa, a parametrarne eventualmente il quantum.

In ordine alla valutazione circa l’an del diritto all’assegno (ossia l’indagine circa la sussistenza in capo al coniuge richiedente di ‘mezzi adeguati’ e circa l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive), gli orientamenti giurisprudenziali precedenti al predetto arresto avevano poi elaborato due contrapposte interpretazioni.

Una, più risalente, riteneva preclusiva del riconoscimento del predetto assegno la titolarità in capo al coniuge richiedente di mezzi che fossero adeguati a mantenere un tenore di vita assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio (tra tutte Cass. n. 2546 del 5 febbraio 2014); dall’altro, un orientamento più restrittivo ha recentemente ritenuto, invece, che l’adeguatezza dei mezzi in capo al richiedente debba parametrarsi alla ‘autosufficienza economica’, ossia una condizione economica che sia tale da garantire al richiedente un’esistenza libera, autonoma e dignitosa (su tutte, da ultimo, Cass. sent. 11504/2017 passata alle cronache come ‘sentenza Grilli’ dal nome del coniuge resistente ed ex ministro Vittorio Grilli).
La Corte di Cassazione, in tale ultima pronuncia ha individuato quali parametri per valutare l’autosufficienza economica:

1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;

2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di residenza della persona che richiede l’assegno;

3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;

4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Come anticipato, a comporre il predetto contrasto è definitivamente intervenuta la sentenza a Sezioni Unite n. 18287 dell’11 luglio 2018 (confermata anche dalla Prima sez. civile sent. n. 11178/2019 pag. 7) che ha sancito definitivamente sia l’abbandono sia del giudizio ‘bifasico’ sia l’utilizzo dei criteri utilizzati per valutare l’adeguatezza dei mezzi, che, fino a tale momento, erano stati rinvenuti in elementi (tenore di vita ed autosufficienza economica) esterni rispetto al dettato normativo.

La decisione delle Sezioni Unite, al contrario, impone di valutare l’adeguatezza dei mezzi in capo al richiedente alla luce di tutti gli elementi indicati nella norma citata; in particolare, il criterio del “contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comuneè quello ritenuto maggiormente rispettoso dei principi costituzionali.

L’assegno divorzile, oggi, quindi non può e non deve più essere considerato come avente solo funzione assistenziale (idoneo a soccorrere il coniuge che non sia in grado di condurre un’esistenza libera e dignitosa dopo la definitiva cessazione del rapporto di coniugio) o funzione solo sanzionatoria. L’accento deve porsi, piuttosto, sulla natura composita dell’assegno, sia perequativa dello squilibrio reddituale e patrimoniale dei coniugi, sia compensativa dei sacrifici sopportati dal coniuge avente titolo.

Abbandonato definitivamente il giudizio bifasico, in aderenza ai principi enunciati dalle Sezioni Unite, attualmente la valutazione che il Giudice è chiamato a svolgere deve quindi tenere conto dei seguenti elementi:

  1. Eventuale disparità (rilevante) tra le posizioni economiche complessive (redditi e patrimonio) di entrambi i coniugi;
  2. Nesso di causalità tra lo squilibrio delle posizioni economiche e le scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare;
  3. Possibilità per il coniuge richiedente l’assegno di superare il divario economico/patrimoniale esistente mediante il recupero o consolidamento della propria attività professionale;
  4. Ferma la sussistenza di tutti i precedenti requisiti, il Giudice quantifica l’assegno in modo che sia adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente.

Occorre evidenziare che la sentenza pone l’accetto unicamente sul rapporto tra i coniugi ( il collocamento prevalente dei figli presso l’uno o l’altro genitore nonché il loro mantenimento non vengono presi in considerazione nella pronuncia) durante l’intera vita matrimoniale. La  Cassazione, inoltre non ritiene preclusiva del riconoscimento dell’assegno divorzio l’eventuale dichiarazione rilasciata, in sede di separazione personale, da ciascun coniuge di godere autonomi redditi propri.

L‘ assegno divorzile, infatti poggia su valori e criteri di valutazione ben diversi da quelli previsti per il riconoscimento dell’assegno di separazione.